Sensei Ryu Narushima durante un passaggio del kata Garyu
- a cura di Davide Sorrentino -
Le Forme, oltre ad essere un importante mezzo per la
trasmissione della Tradizione dell’Arte Marziale, del suo contenuto “marziale”,
e quindi delle tecniche di attacco e di difesa, di conoscenza dei punti
vulnerabili del corpo umano, aspetti, questi, più o meno esoterici, nascondono
un aspetto, forse, più importante : quello di essere un mezzo di “educazione”
del proprio corpo e della propria mente.
Questo è sicuramente un lato fondamentale nell’apprendimento
delle forme in un’epoca, come quella in cui viviamo, dove il nostro organismo,
inteso quale unità di mente e corpo, è sottoposto ad ogni genere di stress.
Ritengo che questo rappresenti un percorso parallelo obbligatorio
nello studio delle forme, se non si voglia apprenderle per il sol fine della
difesa personale, laddove il primo presenta contenuti sicuramente ancora più
profondi del primo.
Mi è sembrato, pertanto, opportuno riportare, riadattandolo
in alcuni punti, qui un articolo apparso sull’ultimo numero della rivista di
Arti Marziali “Budo International” intitolato, appunto, <<La conoscenza
delle Forme>> scritto dalla Dott.ssa Rosa Maria Distefano (responsabile
del settore di psicologia della International Muay Thai Federation).
Introduzione
Ogni nuovo allenamento marziale comporta fatica, sudore,
tenacia e dolore, tutto questo per carpire ogni volta qualche segreto in più
dell’Arte che studiamo. Ma non finisce qui : ogni volta che ci alleniamo ciò
che guadagniamo di veramente prezioso sono i nuovi indizi su noi stessi, sul
nostro modo di muoverci e di pensare. Negli allenamenti dove ci si sbizzarrisce
nello scambio di tecniche, spesso, l’adrenalina sale alle stelle, lo scambio è
eccitante, ma il rischio è che, oltre ad una sensazione di gran frastuono,
null’altro si sia incamerato.
Nello studio delle forme, invece, l’atmosfera cambia in
maniera surreale, improvvisamente il fracasso si quieta ed entriamo in un clima
che possiamo definire meditativo. Ogni qualvolta ci si dedica allo studio delle
forme, infatti, si crea inevitabilmente un’atmosfera che evoca la meditazione.
La concentrazione sull’atto è tale da convertirsi sull’atto stesso. La
realizzazione di una condotta meditativa, però, è solo una delle numerose
risorse che è possibile scoprire allenandosi nello studio delle forme (…).
La concentrazione su sé stessi
Attraverso lo studio delle forme la prima qualità che
possiamo acquisire è la capacità di mantenere fissa la concentrazione su sé
stessi. La concentrazione, in primo luogo, è fisica : dobbiamo scoprire come
gestire e mantenere ogni nostra espressione aderente al centro del nostro corpo,
e ciò anche attraverso una corretta respirazione. Esattamente come la terra
gira intorno al sole, mantenendosi aderente alla rotazione sul suo asse
centrale.
Intorno al nostro asse centrale anche noi abbiamo un punto
ben preciso dal quale hanno origine tutti i nostri movimenti. Individuando tale
punto con la zona che si irradia intorno all’ombelico, a partire da un punto
situato tre-quattro centimetri sotto di esso, che i coreani chiamano dan-geum,
i giapponesi hara e i cinesi dan t’ien; n.d.r.) tutto il resto si muove a
raggiera sia verso l’alto che verso il basso. Se i nostri spostamenti si
realizzano attirati dall’energia che si sviluppa da quel determinato punto,
allora capiremo come braccia e gambe si muovono a partire da uno stesso punto
centrale che attraverso il nostro addome, fino alla schiena.
La scoperta di questo territorio interno a noi stessi,
sicuro come la nostra casa, dal quale si originano tutti i nostri movimenti di
espressione verso l’esterno, potrà rendere ogni nostra espressione più radicata
e contemporaneamente ci renderà più consapevoli delle nostre basi sia fisiche
che psichiche.
Allenarci a sentirci centrati nel nostro corpo ed aderenti
ad esso in qualunque movimento, ci conferirà nel tempo una maggiore capacità di
concentrazione e una rinnovata fiducia in noi stessi.
L’equilibrio
Nello studio delle forme l’equilibrio non indica solo
l’abilità di sostenersi su una sola gamba, ma anche l’arte di stabilire un
rapporto interiore tra tutti i punti del corpo di cui si riesce ad essere
consapevoli. Provate ad eseguire una forma tenendo per qualche secondo le varie
posizioni, concentrandovi sugli arti che tenete sollevati per eseguire pugni o
calci. Concentratevi sugli arti distesi, come se galleggiassero sull’acqua e
poi metteteli in rapporto con il movimento del corpo per intero. Grazie a
questa operazione di concentrazione, ad un certo punto sentirete una sorta di
armonia, sia di equilibri fisici che psichici.Ma la grande scoperta sarà un’altra ancora, che per
mantenere la preziosa sensazione di armonia scaturita dall’equilibrio del
corpo, dobbiamo rinnovarla con un processo costantemente attivo e mai cercare
di bloccarla con la staticità. Se vi dimenticherete questo principio, l’armonia
svanirà e voi cadrete.
La bellezza posturale
Vorrei
introdurre un argomento all’apparenza non consono, ma nel profondo da tutti
gradito :l a bellezza
dell’armonia posturale.
La postura,
sappiamo, è il modo in cui le varie parti del corpo si combinano tra loro, il
modo in cui l’equilibrio tra muscoli agonisti e antagonisti si alterna ed il
modo in cui affrontiamo il duro peso della forza di gravità, ma per finire è
anche il modo in cui il nostro corpo esprime il nostro stato emotivo.
Grazie allo
studio delle forme possiamo guardare ed analizzare i nostri atteggiamenti
posturali e, magari, trovare gli occhi per vedere i “pesi” che portiamo sulle
spalle, tanto da tenerle spesso troppo ricurve, o tutti gli altri atteggiamenti
posturali che spesso offuscano il nostro stato di beltà. Non dovremmo avere
paura di osservarci e di provare ad aprire le spalle, rilassare la mascella,
riequilibrare la posizione del bacino, proprio prendendo spunto dallo studio
analitico delle forme.
Potremmo,
così, scoprire che ammorbidire vecchi atteggiamenti posturali a noi abituali,
potrebbe essere un’occasione di rinnovamento non solo del nostro stato fisico,
ma anche emotivo, nel senso che troveremmo piacere nell’assumere atteggiamenti
corporei oggettivamente e visivamente, anche per chi ci osserva, migliori.
Il linguaggio dei gesti
Non
riflettiamo mai abbastanza sulla ovvia connessione che esiste tra i nostri
gesti ed il potere che essi hanno di comunicare i nostri vissuti emotivi. Mai
così chiaramente come con le forme è necessario analizzare il vero significato
di ogni gesto, studiarne il modo in cui esso si sviluppa ed il modo in cui
esprime i nostri vissuti.
La forma
stessa, allora, da semplice sequenza di movimenti diventerà una reale
manifestazione di noi stessi in movimento. Potremmo così scoprire di sentirci
più capaci psicologicamente e fisicamente nel realizzare alcuni gesti e per
altri, invece, di sentirci bloccati, trattenuti e profondamente insoddisfatti
della loro esecuzione. Ecco : quelli sono i gesti sui quali lavorare.
Assumiamoci la responsabilità dei nostri gesti, diamogli vita e scopriremo di
essere finalmente protagonisti delle nostre espressioni.
La forma come musica
Tutti i
passaggi precedenti consentono all’artista marziale di eseguire le forme, non
più come tecniche in sequenza l’una con l’altra, ma come note di un pezzo
musicale, facendole passare attraverso il proprio strumento musicale, ovvero il
nostro corpo, e poi restituendole come un brano musicale.
Così ogni
forma potrà essere interpretata utilizzando un ritmo specifico, un tempo di
combinazione tra i vari gesti che darà armonia all’intera musica. È questa la
sensazione di divenire direttori di un’orchestra speciale composta dai vari
distretti del nostro corpo, che si combinano in una melodia che rispecchia il
nostro stato d’animo, il nostro pensiero, il nostro essere per intero.
Insomma, aggiungerei io, la forma come espressione di Arte.
OSU!
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